Quel «tecnico» sul Soglio
Maurizio Blondet
19 Febbraio 2013
Ecco una lettera interessante:
«...Voglio dire il fiume di dolore per il libero arbitrio mal esercitato da un Papa che appariva convertito da quella figura di teologo d’avanguardia che fu durante il Concilio diciamolo “del dissesto”. Con la sua scelta Ratzinger ha compiuto un gesto rivoluzionario… il lupo perde il pelo ma non il vizio! Siamo tornati indietro di oltre 600 anni quando i papi erano fiaccati dalle passioni o dagli eventi politici. A metà Cinquecento abbiamo avuto un Santo Concilio di Trento con il quale alla rivoluzione luterana rispondemmo con la Santità e la Conversione della Chiesa da cui sono sorti nei cinquant’anni successivi i Sant’Ignazio de Loyola, San Filippo Neri, San Francesco Saverio, San Carlo Borromeo, San Camillo de Lellis, un’ondata di santi amici e discepoli tra loro che fecero di Roma una Gerusalemme Celeste. Tali furono le Grazie che ci assicurammo in quegli anni che riuscimmo a salvare la nostra cultura, il cuore dell’Europa e della Cristianità, dal dominio islamico riportando vittoria inaspettata nella Battaglia di Lepanto sotto il pontificato di un grande e santo papa, San Pio V. Da allora il Pontefice Romano aveva recuperato la Sacralità del Vicario di Cristo, la stessa che fu tramandata nei primi secoli da San Pietro, per la quale da San Clemente a San Gregorio Magno vennero elevati agli onori degli altari molti di loro. Per il Credo che professiamo, un mandato apostolico non è una direzione d’azienda da cui dimettersi. Una consuetudine secolare non puoi cambiarla perché sei stanco e i tempi moderni impongono efficienza… altrimenti mostri di non affidarti alla Provvidenza di Dio che dà forze inaspettate ma al Dio Modernità, idolo del sentimento religioso serpeggiante nella coscienza umana attuale. Non sei tu Ratzinger ma Dio a dover dire se adesso convenga che arrivi un nuovo Papa. Altrimenti, a cascata, anche nel mondo profano le persone considerate “inefficienti” per problemi di salute o per diversità di vedute potrebbero essere emarginate a buon ragione in una società che divinizza la Modernità. Il Papa, guida della Chiesa Universale istituita da Cristo e sulla quale “portae inferi non praevalebunt”, è eletto, per consiglio dello Spirito Santo, tra i Cardinali. E da secoli loro portano la veste rossa a simbolo del loro servizio “usque ad effusionem sanguinis” fino all’effusione del sangue. Se è richiesta a coloro che lo eleggono figuriamoci ad un Papa. Si è Papa per volontà di Dio... e per Sua volontà se ne viene meno. Pio VI Braschi, di venerata memoria, fu deportato dai francesi e morì in una prigione delle Rhône-Alpes il 29 ottobre 1799… né lui né alcuno invocò mai le dimissioni ma solo la morte ne sancì la fine del pontificato. Pio VII Chiaramonti subì l’invasione di Napoleone e fu recluso a Fontainebleau fino all’abdicazione del Bonaparte, ma in quell’esilio non pensò certo alle dimissioni. Pio IX Mastai Ferretti, il Papa del cosiddetto Risorgimento, anche lui subì il confronto ben duro con i tempi moderni specialmente con l’annessione di Roma al Regno dei Piemontesi e alla reclusione forzata nelle mura leonine del Colle vaticano, ma nonostante ciò invocò e ottenne gli aiuti soprannaturali per andare avanti nella sacralità del ruolo che ricopriva. Da tempo è manifesta a tutti la crisi attuale della Chiesa, non data tanto dal secolarismo diffuso insieme all’indifferenza della gente che si professa religiosa a modo suo perché più comodo vivere senza regole, ma piuttosto dalla pessima testimonianza resa dagli uomini di Chiesa negli ultimi 50 anni dal Vaticano II… ben diversi dai cinquant’anni che seguirono il Concilio di Trento come ricordavo sopra. La Storia della Chiesa ha visto pontefici che subirono le persecuzioni dei primi secoli ma anche la fioritura costantiniana e poi carolingia. Ha visto papi che scansavano il peso spirituale della Cattedra di San Pietro dissipandosi tra la promozione delle carriere sociali dei figli e il potere temporale ma alla fine sono sempre riapparsi Santi Vicari di Cristo al timone della Chiesa. Stavolta pure, diserzioni, defezioni e persecuzioni devono solo portarci a convertirci, non temiamo nulla, anche se ci volessero secoli e più di un grande pontificato futuro, ci sarà sempre l’alleanza tra Dio e l’Uomo, il pontifex custodisce dall’Incarnazione di Dio il ponte di questa alleanza. Per tutto questo, mai Quaresima di penitenza cadde in periodo più appropriato. Non giudichiamo l’uomo Ratzinger perché chi siamo noi per farlo, ma prepariamoci alle conseguenze di tale scelta con lucidità e oggettività sugli eventi! Nicolas»
Nicolas è un giovane oblato benedettino: ciò, credo, rende esemplare la sua addolorata protesta, tipica dello sconcerto in cui la rinuncia di Ratzinger al trono ha gettato i credenti più seri. Simpatizzo e condivido profondamente gli ottimi argomenti di Nicolas. Però, strano, mi capita di dar ragione a tutti quelli che commentano, da posizioni opposte: al cardinal Jivisc (accontentatevi di questa grafia...) ex segretario di Giovanni Paolo II – «Non si scende dalla croce» – come ad Enzo Bettiza che vede in questo gesto un «brivido luterano» tipico di un certo cattolicesimo tedesco contaminato dal protestantesimo e affascinato dalle sue «libertà»; da chi riecheggia il grido dei discepoli sulla barca in tempesta al Cristo che dorme: «Maestro, non t’importa che moriamo?», fino (perfino) ad Hans Kung che saluta le dimissioni come qualcosa di analogo «al crollo dell’Unione Sovietica». Tutti questi interventi dicono che tutti, chi lo applaude e chi lo deplora, vivono l’evento come un «segno dei tempi»; e come un segno letteralmente escatologico, ossia finale. Ma segno di cosa? Non posso dirlo. Anch’io riconosco in ciò un segno dei tempi, ma non amo abbastanza per interpretarlo. Io mi sono «dimesso» troppe volte dai sacramenti della Chiesa, a cominciare dal sacro inviolabile matrimonio, per poter giudicare chi «scende dalla croce». Sono ben lungi dall’amare il prossimo mio come me stesso, insomma dall’obbedire al comandamento di Cristo, figuratevi quanto poco ami la Chiesa, di cui approfitto come dispensatrice di grazia. Nella mia condizione, qualunque parere sarebbe una vana aggiunta alla chiacchiera, un giudizio temerario, oppure peggio, un contributo alla disperazione della salvezza. Indurre a disperare dell’aldiquà è il mio gusto (e vizio) di giornalista credente, come pedagogia per abbandonare la presa sul «mondo», ma far disperare la gente dell’eternità, sarebbe il peccato imperdonabile. Perciò mi trattengo, con sforzo, dal dir la mia. Che cosa faccio? «Assisto». Non è un’idea mia, ma di Levi di Gualdo, per cui alla Messa non si deve «partecipare» ma «assistere», e non si deve «capire» ma adorare, perché si assiste al Sacrificio. Oggi, davanti a questo evento, assisto come uno dei tanti anonimi che, sul Golgota, assistettero all’agonia di Gesù sulla croce. Molto più da lontano di quanto non fossero Maria e Giovanni, che erano proprio sotto il palo e guardavano in sù; sono uno dei tanti tenuti a distanza dai soldati. Come tanti di voi. Salva una precisa illuminazione personale, che comunque i Vangeli non attestano, nemmeno la Madre credette allora che quel Figlio, che rantolava appeso, insanguinato come un quarto d’agnello appeso dal macellaio, coperto di mosche, sarebbe risorto. Era troppo chiaramente la fine: fine di tutto. Fine delle speranze che quello fosse il Messia, il liberatore politico o spirituale; fine della parabola pubblica dell’agitatore e del guaritore, dotato di poteri, che la folla acclamava fino ad ieri. Impossibile credere che quel miserabile appeso , slogato e dolorante, fosse Onnipotente; che quel delirante che gridava fra sé, dalle labbra secche, parole insensate, «Eli eli, lamà sabactanì», fosse Dio, come aveva preteso. Neppure Maria e Giovanni credevano sarebbe risorto, in quell’ora tremenda: eppure lo amavano. Lo amavano più di tutti altri noi che assistiamo da più lontano. Figurarsi se io, che assisto a distanza, credo che quel malvivente risorgerà. Non ci credono i discepoli che sono tra noi nella folla, e temono di essere riconosciuti come seguaci di quel Fallito. In tanti gliel’hanno sentito dire, «Risorgerò», ed ora lo deridono («Scendi dalla croce»); mi urtano per la loro volgarità davanti a un’agonia, ma non gli so dar torto. Ascolto quelli che si gridano, eccitati: «Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo!». È positivamente impossibile che un morto, e morto di croce, riappaia fra noi. E quando il legionario gli spacca il cuore con la lancia, ho tutto il diritto di dire, scotendo la testa: è finita. Basta; almeno ha smesso di soffrire per niente. I farisei, sadducei e i «dottori» della Legge, se ne vanno soddisfatti, canticchiano saltellando giù dalla scarpata. Ancora una volta l’hanno spuntata loro, come sempre. Si affrettano, perché minaccia un tremendo temporale. Insomma, io sono lì che assisto, guardo la croce oggi svuotata; e per abitudine e vizio, tutt’al più prendo qualche appunto e notazione con lo stilo sulla tavoletta di cera, ben cosciente che sono solo in grado di toccare temi accessori, persino fatterelli che nel gergo giornalistico si chiamano «di colore», senza proporzione con l’enormità del fatto. Perchè il fatto è enorme. Ma non ce lo dicevamo da anni? Non vedevamo e notavamo, anche qui fra noi, lo sgretolarsi bestiale dell’ordine cristiano ed umano, l’affondare soddisfatto dell’uomo nella zoologia, l’economia tramutarsi in saccheggio senza limiti e rapina dei poveri da parte dei ricchi, lo «stato del benessere» in miseria imposta senza fonda nell’Europa «giudeo-cristiana», le speranze «umanistiche» nelle magnifiche sorti e progressive in nuove inaudite ferocie ed oppressioni dei forti sui deboli? Erano i segni dei tempi satanici che già potevamo indicare. Il collasso del pilastro centrale – se di questo si tratta – non può coglierci di sorpresa. «Il Katechon!», esclama via SMS un giovane lettore siciliano. Ebbene, anche questo lo paventiamo da tempo: che (stante la 2da Tessalonicesi di Paolo), viene il tempo in cui «sarà tolto di mezzo» quel qualcuno (o qualcosa) che «trattiene l’Anticristo» dal dilagare. Per Paolo, gli studi storici più recenti ce lo confermano, «ciò che trattiene» era qualcosa di preciso: il veto che Tiberio aveva posto sul decreto senatoriale «non licet esse christianos», e che restava vigente solo finché Tiberio viveva (infatti sarà dopo la sua morte, e dopo quella di Claudio, con Nerone, che si scatena la persecuzione). Per estensione – perché il katechon è un archetipo, gravido di senso, che indica una piega drammatica ricorrente della storia – è dunque il Romanum Imperium, lo stato come esecutore del diritto naturale, dettato da Dio, dunque della giustizia. Il Katechon non è la Chiesa né il Papa, se non – come ha notato Carl Schmitt – come «cattolico-romano», continuatore della forza politica di Roma. Non a caso, salvo errori, né come teologo né come Papa, Ratzinger ha mai dato la minima attenzione al terribile tema del katechon e ai doveri che impone anche al Romano Pontefice, specie nel crepuscolo dei tempo. Se ciò per la fondamentale impoliticità da tedesco, per «spiritualismo da cattolico adulto» o per «conciliare» svestimento di ogni potere disciplinare e gerarchico – diciamo pure: la rinuncia ad ogni maestà –, lascio decidere a voi. Certo è che Ratzinger, scendendo dal trono, ha dato un bel colpo al katechon. Ed anche se ne restava poco, l’odio che le folle possedute tributano ai residui di autorità gerarchia e ai più lievi richiami al giusto (in tema per esempio di aborto, eutanasia eccetera), che vengono dalla Chiesa, dice che ancora il katechon reggeva. Meglio poco che niente. Forse si possono qui evocare i passi evangelici sul fatto che è meglio «non spezzare la canna fessa» né «spegnere il lucignolo che fumiga»? Uno dei fatali contraccolpi sulla società di questa caduta del katechon la indica benissimo Nicolas: «...a cascata, anche nel mondo profano le persone considerate “inefficienti” per problemi di salute o per diversità di vedute potrebbero essere emarginate a buon ragione in una società che divinizza la Modernità». Io provo ad indicarne un altro: è facile prevedere che un giorno o l’altro un prossimo Papa, affacciandosi al balcone, si trovi subissato dal grido proveniente dalla piazza: «Dimettiti! Dimettiti!». Non credano i cardinali che vanno al conclave con le loro talari porpore e i loro anelloni d’oro che tutto torni come prima . Dopo tanta predicazione contro «il relativismo», Ratzinger ha relativizzato la funzione di Petrus. Forse – consoliamoci un po’ – d’ora in poi saremo tutti meno «papisti», come troppi di noi erano diventati dopo lo sconvolgimento conciliare: oscurate o rese ambigue tutte le certezze della fede dall’«aggiornamento», dalla «pastoralità» che di fronte alle eresie crescenti interne al mondo cattolico ha rifiutato di riaffermare solennemente la dottrina, dal potere «magisteriale» improprio preso dalle conferenze episcopali cui fu permesso di derogare dalle regole generali, dalla riduzione dell’inferno a «vuoto» e dunque alla salvezza eterna per tutti (ma allora perché Cristo è morto per salvarcene?), insomma nella grande confusione «dove il cattolico non sa neanche più qual è il valore primo del suo cattolicesimo» (1), noi semplici ci si aggrappava al Papa: quello che dice lui sarà pur la verità. Così abbiamo tanto sperato in Ratzinger. Col Motu Proprio ha autorizzato la Messa tradizionale, e se anche i vescovi gli hanno massicciamente disobbedito, in qualche modo abbiamo creduto che lui sentisse, come noi, il problema delle liturgie brutte, sciatte e false. Ha dichiarato che il Concilio andava inteso nel senso della «continuità» (con la Tradizione) e non della «rottura» con la Tradizione medesima: d’accordo, da quel momento in poi un Pontefice avrebbe dovuto passare i suoi anni ad indicare, precisamente e particolareggiatamente e senza equivoci, su quali documenti, passi, frasi ed enunciazioni del Concilio il troppo evidente significato «di rottura», rivoluzionario, dovesse invece essere inteso come «continuità», impegnando in questa disanima la sua infallibilità e la sua residua autorità anche disciplinare contro chi si ostina a leggere il Concilio come rottura. Invece, Benedetto XVI ha occupato il tempo a scrivere libri eruditi su Gesù apparentemente destinato a professori tedeschi, il che sarà bellissimo ma non proprio il compito principale di un Papa al timone di una Chiesa sconquassata… pazienza, ci contentavamo già dell’enunciazione: continuità sì rottura no, anche se poi tutti i prelati e teologi han continuato ad andare alla rottura, anzi ad ampliarla «profeticamente». Ci pareva che, pur debole nel «comando», platealmente disobbedito dai vescovi, Benedetto fosse forte nelle asserzioni; e che avesse compreso pienamente che il Concilio è la causa della perdita dei contenuti della fede, e quindi della desertificazione delle chiese, dell’abbandono dei sacramenti (e del pericolo eterno per le anime). Invece, m’è capitato di sentire in tv il discorso del Papa già dimissionario ai preti della diocesi di Roma, il 14 febbraio. Per 45 minuti, a braccio, il Papa ha espresso tutto il suo piacere per il Concilio e la sua parte di novatore in esso. Come uno che succhia una caramella deliziosa, ne ha rievocato di nuovo e minutamente tutte le fasi per i suoi preti, e non vi ha trovato nulla di men che perfetto. (Fede e carità si esigono a vicenda) Esterrefatto, l’ho sentito spiegare come fosse stato un gran progresso che il Concilio avesse chiamato i cristiani «il popolo di Dio»; con ciò, lui e gli altri padri avevano pensato di darci, a noi ignari, «un elemento di continuità con l’Antico Testamento», che ci collegava ad Abramo, ed era rimasto per duemila anni «un po’ nascosto». Ora, a me non pare che, poniamo, santa Teresa la Grande o San Pio X, o San Carlo, per non aver saputo di essere «popolo di Dio», avessero perduto qualcosa di essenziale in santità e profondità della fede; e a dirla tutta, ho sempre ritenuto quella auto-definizione come presuntuosa, almeno quanto la definizione del Vaticano II come «la nuova Pentecoste», data dagli stessi padri conciliari. Si son detti da soli che era sceso su di loro lo Spirito Santo, cosa su cui perfino Paolo VI ebbe alla fine dei dubbi, visto che parlò di «fumo di Satana penetrato nella Chiesa»; allo stesso modo mi hanno arruolato nel «popolo di Dio», io che mi sento a malapena in una comunità di «peccatori perdonati»: e poi non diceva quel tale che sotto Cristo «non c’è più né giudeo né greco»? Il Concilio è stato accusato «di non parlare di Dio»: invece l’ha fatto già al «primo atto». E come? Ma con la riforma liturgica! Che è stata «molto bene» (sic), è stata un «aprire tutto il popolo santo». Trasecolo. Difende anche il rovesciamento – esiziale – per cui della Messa s’è voluto eclissare il senso di sacrificio, dunque il collegamento alla Croce e alla Passione, per farne una «mensa», una festa e una Pasqua. Sicché il cristiano, «se prima adorava , chiedeva perdono ed offriva il proprio nulla davanti al Figlio di Dio sacrificato, oggi ora si limita a rendere grazie della libertà che lo rende somigliante a Dio»; sicché diventa «un uomo consapevole di non dover scontare pena alcuna per i propri peccati» (2) – e dunque come stupirsi se le chiese si svuotano? Ma no, ha detto il Papa ai suoi preti, in questo modo il Concilio «ha affermato il primato di Dio, il primato della rivelazione», che sarebbe «espresso nel tempo pasquale e domenicale, giorno della Resurrezione». Ovviamente, ha difeso la cosiddetta collegialità, ossia l’assemblearismo vescovile che punta a fare di Pietro un primus inter pares, dimidiandone il primato: la cosa «è stata al centro di discussioni molto accanite, direi un po’ esagerate», mentre «serviva per esprimere che i vescovi insieme sono un “corpo”, continuazione del “corpo” dei 12 Apostoli»... Ha parlato di come il Concilio ha accontentato «gli esegeti cattolici», ossia i teologi di cattedra, «che si sentivano in situazione di inferiorità (negatività) nei confronti dei protestanti che facevano le grandi scoperte»: e in cosa consisteva questa inferiorità supposta? Nel fatto che i teologi si sentivano «legati» dalla Tradizione, un ceppo che li legava al passato, al contrario dei protestanti che sono più liberi. Via la Tradizione dunque! Ratzinger ha ricordato come «Paolo VI, con tutta la delicatezza e il rispetto, propose 14 formule per ribadire che la fede è basata sulla Parola e sulla Tradizione in quanto la certezza della Chiesa sulla fede non nasce solo da un libro isolato, ma ha bisogno del soggetto Chiesa. Potevamo scegliere tra 14 formule, ma una dovevamo sceglierla». Si può immaginare una situazione più umiliante? Il Papa che s’affatica a concepire 14 formule da inserire in un documento conciliare, sempre più accomodanti nella speranza che gli «esegeti cattolici» non si offendano, e li implora: sceglietene almeno una! Risulta dunque che il Concilio ha smantellato la dottrina, rovesciato il rapporto con Dio (per cui non siamo più noi a servirlo, ma Lui al nostro servizio), seminato la confusione e tutte le tendenze ereticali che vediamo, perché bisognava non scontentare gli «esegeti cattolici» di 50 anni fa, vogliosi di alleggerirsi dai fardelli dogmatici per competere coi teologi protestanti che facevano «grandi scoperte». Hanno poi fatto le «grandi scoperte»? Non ne saprei indicare una, non so voi. E bisognava sentire il tono, sognante e nostalgico, con cui Benedetto XVI evocava le «grandi aspettative» del Concilio, in quegli anni «pieni di speranza, di entusiasmo, di volontà di fare nostro il progresso». È sembrato come un pittore che, trovata in cantina una sua vecchia tela, si congratula del suo capolavoro e vi dà ancora qualche piccolo tocco di pennello, non per mutarne nulla, ma per non sapersi staccare dall’opera così ben riuscita. Ha concluso che il Concilio «sempre più si realizza come vero rinnovamento della Chiesa». Ed ha incitato i preti a «lavorare perché il vero Concilio, con la forza dello Spirito Santo, agisca e sia rinnovata la Chiesa. Speriamo che questo Concilio vinca». Preti che, tornati alle loro parrocchie, si sarebbero trovati alle prese con tutte le note piaghe post-conciliari: l’abbandono della pratica, l’analfabetismo dottrinale travolto dalla cultura della «spontaneità», la «macchina dei sacramenti», la penetrazione in parrocchia delle sette cattoliche che forse non lo sono più, la burletta umiliante degli «incontri prematrimoniali» con coppie che vanno già a letto da tre anni e che divorzieranno entro cinque, e lo schiacciante peso della burocrazia clerical-vescovile: questionari da riempire, incartamenti, direttive da leggere, incontri e piani «pastorali» fallimentari ma continui, occupazioni incessanti che non lasciano tempo per meditare e pregare, e il tutto nel quadro del tragico smarrimento della propria identità e utilità sociale... Il Papa, sì, ha riconosciuto qualcosa: «Seminari chiusi, conventi chiusi, liturgia banalizzata. Miserie e problemi»; ma per lui la colpa non è del Concilio «vero», bensì del «Concilio dei giornalisti», che si svolgeva «fuori» dalla Chiesa. Per i media, ha detto, «il Concilio era una lotta politica, di potere tra i diversi poteri della Chiesa. Il vero Concilio ha avuto difficoltà a realizzarsi. Il Concilio virtuale è stato più forte del Concilio reale». Capito? Per il Papa Ratzinger, il disastro conciliare è colpa dei giornalisti. Tutta esterna al Concilio, non interna. È una analisi, se vogliamo chiamarla così, che non fa onore alla supposta intelligenza del teologo Ratzinger; in passato ha saputo far di meglio. Fu Paolo VI, nel Discorso del 7 dicembre ’65 che chiuse il Concilio, ad esaltarlo come lo storico momento in cui «la religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione dell’uomo che si fa Dio»: non è in questo trapianto contro natura, annunciato con funesto entusiasmo, il succo del disastro conciliare? Dopotutto, i giornalisti sono proprio i portavoce della «religione dell’uomo che si fa Dio»: dunque interpretando a loro modo il Concilio, hanno esercitato il loro diritto. Il vecchio catechismo ci insegnò che l’uomo «è stato creato per adorare Dio, amarlo e servirlo in questa vita, e goderne eternamente nell’altra». Oggi, dalla conciliare Gaudium et spes, abbiamo appreso che è Dio ad adorarci: l’uomo «è in terra la sola creatura che Dio abbia voluto per se stesso»: una lezione che monsignor Brunero Gherardini ha definita «assurda e blasfema» in quanto «sovverte i valori, sottoponendo il Creatore alla creatura» che inoltre «escluderebbe tutto il creato, con l’eccezione del solo uomo, dal suo fina alla glorificazione esterna del Creatore». (3) E Gherardini è un monsignore, un teologo inserito nella Chiesa, mica un laico scanzonato e irriverente: è lui che trova «assurdo e blasfemo» quel testo conciliare. Può dunque il Concilio aver enunciato bestemmie, e il Papa non dice nulla? Né punisce Gherardini né corregge il testo? La blasfemia resta e convive con chi la rigetta; nella stessa Chiesa: com’è possibile? E tale ambiguità irrisolta, sarebbe colpa dei giornalisti? Personalmente, voglio dirvi come e perché ho trovato imbarazzante il discorso del Papa ai suoi preti romani. Quel compiacimento verso una costruzione ritenuta perfetta , senza rapportarsi alla realtà sottostante che ha prodotto. Quell’auto-referenzialità auto-complimentantesi. Quel giudicare importantissime questioni che importanti non sono, come la dizione «popolo di Dio» al posto di Chiesa militante; quel «riformismo» da ufficio e da scrivania; quel narcisistico spaccare il capello su cose minime, tempeste in bicchieri d’acqua, cura ossessiva di elaborare terminologie il più vacue e vaghe possibile, facendosi sfuggire l’essenziale... dove li ho già visti? Ma sì, nell’eurocrazia di Bruxelles. Negli «sherpa» che preparano gli incontri internazionali. In Mario Monti per dire uno sherpa esemplare. È l’atteggiamento mentale dei «tecnici», dovunque essi salgono sul podio. Il giovane Ratzinger è stato un «tecnico» del Conclave; e in perfetta buona fede, è rimasto un «tecnico». Abbiamo avuto un «tecnico» in Vaticano, anche questo in omogeneità con le tendenze attuali del «mondo» ormai esausto delle ideologie, ed incapace di elaborare audace, e governare la realtà indomabile. A me, dopo il discorso dl presto-non-più-Papa ai preti romani, è rimasto un dolore: con quella difesa estrema del Concilio, per me tramonta la speranza di rivedere – nel corso della mia vita restante – la Bellezza nel rito, nei canti, nella Chiesa e nelle chiese. Ha ragione Enrico Maria Radaelli nella sua folgorante intuizione: se la Chiesa di prima affermava la «Verità dogmatica», si può parlare anche di «Bellezza dogmatica», in quanto – come assevera Tommaso d’Aquino – Verità e Bellezza convertuntur, coincidono, fanno tutt’uno. Rinunciando alla Verità per adottare non so che «linguaggio di amore per l’uomo», il Concilio ha rigettato la Bellezza. La bruttezza dunque non è accidentale alla nuova Chiesa; è consustanziale al post-Concilio, come gli è consustanziale l’allontanamento dalla Verità incisivamente – splendidamente – definita. E il triste dramma, è che i cristiani fedeli si abituano alla bruttezza, finiscono per non vederla più – e si abituano alla falsità. Ma chissà. Io sono solo uno di quelli che «assistono» a questo Golgota miserevole e banale, la dimissione di un Papa che «stacca» come staccano ormai dopo le 18 tutti i tedeschi impiegati (4)... la resurrezione mi sembra impossibile. Ma anche allora, a tutti sembrò impossibile.
1) Enrico Maria Radaelli, «Il domani – terribile o radioso? – del dogma». Roma 2011, pagina 81. 2) Mario Palmaro, «La Bella Addormentata», Vallecchi, 2011, 170. Il falso monaco Enzo Bianchi ha tratto le ultime conseguenze da questo atteggiamento: «Un Dio che castiga merita di essere negato, non creduto». Enzo Bianchi è superiore a Dio, che è meno compassionevole e meno ecumenico... 3) Brunero Gherardini, «Concilio Vaticano II. Il discorso mancato», Torino 2011, pagina 36-7. 4) È una mia piccola malignità gratuita. Mons. Paglia ha riferito che, in una recente udienza, il Papa è sembrato non riconoscerlo. Se fosse Alzheimer, Benedetto dovrebbe comunque stare sulla croce? Chissà quanti pontefici, nei secoli passati, hanno potuto rimbecillire serenamente dietro il Portone di Bronzo, accuditi dalle suore, mentre la Curia agiva ed operava a loro nome. Ma questo era prima della tv e dell’informazione spietata e totale. Lo spettacolo atroce della demenza progressiva, di un Pontefice che non solo non riconosce le persone, ma non ricorda più i gesti rituali, la Messa e la benedizione, ma delira scandalosamente dal balcone nelle tv, è qualcosa di semplicemente insostenibile. se questa è la veità, Benedetto XVI ha fatto (credo) bene a lasciare. certo, come dice Nicolas, è l’estremo cediemnto al dio della Modernità. Ma anche questo l’ha voluto il Concilio, l’esposizione di ciò che era prima mantenuto lontano, fuori della vista delle plebi.
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Commenti
Confermo tutto Direttore...
Per i tedeschi é sacra, quando scattano le 17 o anche prima dipende cosa é scritto sul Regolamento unico idolo che adorano... a loro cade la penna e guai a chi glielo impedisce.
Questa é la Feierabend della Cristianitá... la vittoria del protestantesimo luterano che tanto piace ai "cattolici" tedeschi.
Peccato davvero: un popolo cosí civile e cosí perso...
Se il principe del mondo, Satana, parlasse tedesco, il tedesco sarebbe la lingua di questa età. Invece è l'inglese: Perché? Ne sanno qualcosa alla borsa di Londra o a Wall Street?
Caro signore, è ben triste che di fronte ad una gravissima crisi della Fede, lei spieghi tutto addossando ogni colpa ad un grande popolo. (Se lo stesso ragionamento lo avesse applicato che so, agli Arabi o agli Ebrei sarebbe accusabile di istigazione all' odio razziale, e perseguibile dalla magistratura europea). Se Lutero fu una catastrofe per Santa Romana Chiesa, Santa Romana Chiesa fu la causa dell' avvento di Lutero. La prima guerra Mondiale, condita dalle vergognose balle sugli Unni e sulle mani tagliate dei bambini belgi, e sulla saponificazione dei caduti, fu causata dall' assassinio, in Serbia, del principe erediotario austriaco. L'Austria chiese alla Serbia la consegna degli assassini, la Serbia rifiutò, appoggiata dalla Russia che da sempre anelava ad appropriarsi dei Balcani (e, in prospettiva, dei Dardanelli) e da Francia ed Inghilterra, concorrenti con la Germania per commercio e colonie.
L'Austria dichiarò guerra alla Sebia, la "cordiale intesa, la dichiarò all' Austria e la Germania, alleata dell' Austria, fu costretta ad intervenire. (Se le condizioni del popolo russo fossero state un po' più umane, probabilmente il comunismo non avrebbe preso piede.) Non parlo di Noi, tradsitori cronici, per carità di patria e per amore di mio nonno, che da semplice caporale, in quella guerra si fece più di due anni di trincea). La seconda guerra Mondiale fu la conseguenza (voluta!) della prima. Tengo a ricordarle che furono Inghilterra e Francia a dichiarare guerra alla Germania, che voleva riappropriarsi di Danzica, città al 97% abitata da tedesci.
Naturalmente Inglesi e Francesi non fecero una piega quando la Russia si mangiò mezza Polonia.
La Merkel, ex agente comunista, che ha fatto carriera nella DDR è la conseguenza di quella tragica sconfitta, che noi celebriamo come vittoria, che causò la fine della civiltà europea . Di Ratzingher non parlo, perchè non oso addentrarmi nei misteri della fede.
La seconda guerra mondiale iniziò quando Francia ed Inghilterra dichiararono guerra ai tedeschi.
La Germania però peccò di ingenuità, ancora una volta.
Erano stati avvertiti di non toccare Danzica...
Molto piu'furbi sono i loro cugini inglesi, i cui regnanti (guarda caso) hanno origini tedesche che hanno cammuffato cambiando cognome.
Saluti
Per quanto mi riguarda, Ratzinger o non Ratzinger, la Sede è "formalmente vacante" dal 1958 in poi... La bellezza e la santità del Rito è ancora vivo presso a quei pochi sacerdoti che si sono mantenuti fedeli alla Tradizione Cattolica... I vaticanosecondi sti hanno le chiese, ma la Fede è altrove!
Cosa che io credo fermamente.
personalmete rivedo "la Bellezza nel rito, nei canti, nella Chiesa e nelle chiese" ogni qual volta assisto alla messa con rito Tridentino. L'ho cercata e Dio mi ha concesso la grazia di poter scoprire questo immenso tesoro senza dover spostarmi di centinaia di chilometri. Quasi tre anni fa eravamo in dieci ad assistere alla messa domenicale, oggi siamo piú del doppio e mi creda, sono convinto che arriverà presto il giorno in cui ci saranno fedeli in strada perchè non ci sarà posto in chiesa.
Anche se sono finiti i tempi del grande splendore pubblico della fede cattolica, anche se dovessimo vivere "incistati" nel regno dell'anticristo, la nostra fede risplenderà piú forte nell'oscurità.
Mi permetto di consigliare anche a lei e a tutti i lettori di cercare al piú presto la chiesa piú vicina in cui celebri in rito tridentino.
Con enorme stima,
Bruno
forse mi è sfuggito, ma non capisco, secondo Lei, quale debba essere l'atteggiamento pratico del cattolico di fronte alla Chiesa che si sgretola.
Intendo, a prescindere dalla metafora del Golgota, il cattolico che la pensa come Lei e va a Messa la domenica, deve armarsi di pazienza e rassegnazione di fronte agli ululati delle profanatrici canzonacce stonate di cui è sgradevolmente costellata, ai presunti "segni di pace", alla gente che afferra l'ostia e la mette in bocca quando sta già tornando a posto, l'inversione diffusa nel rito, la continua insensata e forzata interazione e scambi di battute? E cosa dire delle oscene omelie di certi (tantissimi) preti, efficacissimi strumenti di propagazione dell'ignoranza? Mi fermo con questa limitatissima serie di esempi ma ci siamo capiti.
Bisogna leggere tutto ciò come una "croce" da portare (visto che ormai siamo in tema) o è legittimo vederci un grave pericolo spirituale non solo per gli altri, ma per sé stessi?
La domanda è aperta anche a lettori che vogliano dire la loro in merito.
a mio avviso vanno evitate le "messe" parrocchiali e ci si deve rivolgere a sacerdoti che celebrano la Messa Tradizionale, meglio se NON UNA CUM...
Nostro Signore scrive dritto sulle righe storte, affidiamoci a Lui.
Una sola volta ho avuto il privilegio di conoscere e conversare con il compianto Fabio De Fina e una delle sue frasi che più mi sono rimaste impresse è la seguente: il Concilio Vaticano II fu il "colpo da maestro" del maligno.
Vegliamo e aspettiamo il "contraccolpo", allora, meditando nel nostro cuore, in silenzio e nella preghiera, tutto ciò che non riusciamo a capire.
Mi unisco a questo commento che, a mio modo di vedere e senza voler io sembrare un sapiente, ricalca chi vuol seguire Gesù.
Sono esterefatto da alcuni che si permettono di consigliare quale tipo di S Messa seguire piuttosto che un'altra! Mi pare che questo atteggiamento possa provenire solo dal maligno. La Santa Messa ha comunque il suo momento culminante nell'Eucaristia. Basta questa, anzi: in essa c'è tutto ciò di cui abbiamo bisogno!
Mettiamoci umilmente in preghiera e non pretendiamo di voler essere noi stessi giudici: il momento è delicatissimo e a proposito della Madonna, ricordo che pressochè da trent'anni chiede preghiera e digiuno e nei suoi messaggi c'è molto spesso una richiesta di attenzione particolare per i sacerdoti. In quello del 2 novembre scorso Maria chiede testualmente che le nostre labbra siano chiuse ad ogni giudizio verso di loro e di pregare molto perchè nulla sarebbe possibile senza di loro (evidente il riferimento alla Consacrazione)
Vieni Signore Gesù!
Santa Maria, e non Maria. Siamo parlando di una Maria specifica.
"e lo consegneranno ai pagani perché sia schernito e flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno risusciterà».
Luca 24:7
"dicendo che bisognava che il Figlio dell'uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno"
Luca 2
27 Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, 28 lo prese tra le braccia e benedisse Dio:
29 «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
30 perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31 preparata da te davanti a tutti i popoli,
32 luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele».
33 Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34 Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione 35 perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
Testo
"Salva una precisa illuminazione personale, che comunque i Vangeli non attestano, nemmeno la Madre credette allora che quel Figlio, che rantolava appeso, insanguinato come un quarto d’agnello appeso dal macellaio, coperto di mosche, sarebbe risorto. Era troppo chiaramente la fine: fine di tutto"
Ricordo che una madre (e Maria è la Madre
di tutti noi) soffre terribilmente per la perdita d'un figlio.
Ora essendo la Madre ricca di tutte le virtù sapeva benissimo, in quanto il figlio aveva annunciato della Sua morte in croce e che il figlio di DIO come attestavano le scritture sarebbe stato
ucciso e sarebbe risorto
In realtà vi erano due crocefissi sul Golgota infatti era crocifissa anche
la Madre in quanto non creduta essere
la Madre di DIO che sarebbe risorto.
Ma questo tormento sarebbe servito per la purificazione della donna e la sua elevazione a creatura spirituale elevando altresì la Madre in intima unione con DIO
nell'Amore senza fine dell'anima.
L'Amore è gioia la morte è dolore.
Mi ripeto il Cardinal Ratzinger avendo rifiutato i miracoli eucaristici è
uno strumento di DIO per la purificazione
della Chiesa.
Come ed in che modo solo DIO Padre lo sa.
se ho sbagliato sulla Vergine Madre, sono contento di ricredermi e correggermi.
La Risurrezione non è mai stata abbastanza enfatizzata nel lungo percorso della Chiesa e da 60 anni via via trascurata se non addirittura messa in dubbio per poi essere rinnegata. Ratzinger nel suo libro "Gesù, da Nazareth a Gerusalemme" scritto per compiacere i teologi eretici e scagionare gli ebrei dal deicidio, l'ha dichiarata esistente solo per i credenti, cioè non un fatto storico, quindi anche per lui non è avvenuta.
Rimane il fatto che è divenuta credibile unicamente attraverso l'estremo sacrificio di Cristo, la desolazione momentanea che ne è scaturita, è stata dissipata dopo tre giorni, ma il riconoscimento della Sua divinità è stato immediato quando il giorno si fece notte, un terremoto scosse le pietre del Tempio e si squarciò il velo:Costui era veramente il Figlio di Dio.
La Chiesa, Sposa di Cristo, si trova ormai per noi da troppo tempo in questa desolazione, ma GUAI a perdere la fede nella sua Resurrezione con Cristo che torna, come da lui stesso promesso.
Stiamo vivendo i tempi della fine, possiamo scegliere se vivere da testimoni o da vittime.
Poi lei scrive:Il giovane Ratzinger è stato un «tecnico» del Conclave; e in perfetta buona fede, è rimasto un «tecnico» (divertentissim a la frase precedente).
Ecco, sulla perfetta buona fede avrei, e non sono il solo, delle riserve molto forti, come sull'intervento dello Spirito Santo negli ultimi quattro Conclavi, almeno che, molto o troppo discretamente, i "fratelli dell'alleanza" ovvero i B'nai B'rith, non si siano convertiti a Cristo.
Non so perché, ma questa saetta sullo sfondo del cielo scuro che colpisce la cupola di S. Pietro mi continua a venire in mente.
Grazie Direttore
Non c'è poi niente di diabolico nel fatto che il Papa abbia parlato con nostalgia della speranza che i padri conciliari hanno vissuto nei giorni del Concilio, e di come invece il post- concilio abbia tradito quella speranza, banalizzandola, e traducendola un progetto non realizzato. Non so se la colpa fu tutta dei giornalisti, ma certo anche Blondet ha dato il suo contributo, sparando sul Papa col santo proposito di difenderne l'autorità.
Intanto la cosiddetta Famiglia Cristiana sta eccitando le più becere pulsioni NEO-PATARINE del sedicente popolo di Dio che pretende di decidere la composizione del Conclave, questo sì questo no, manco si discutesse la formazione della nazionale di calcio.
Va bene che Blondet usa come sappiamo tutta la tavolozza del pittore, e che soprattutto nell'angoscia di questi giorni sia facile lasciarsi prendere un po' la mano, e infatti c'è un po' di andirivieni tra l'inizio con le "mani avanti", il grosso dell'articolo "più papista del Papa" e il finale che rimette le mani avanti...
Insomma, Blondet che tira il sasso e nasconde la mano un po' mi stupisce. Ma il Blondet che dice al Papa cosa deve fare mi addolora.
Mi pare una critica che dovevo muovere:
saluto fraternamente e ringrazio per tutti gli altri articoli che ho letto avidamente e non ho commentato, mentre avrei dovuto ringraziare, dato che mi hanno aiutato molto.
Sì, si vive come una croce, ma Dio vede nel nostro cuore, e questa continua sofferenza prima o poi viene alleviata.
Posso solo dire di aver cercato intensamente una chiesa dove si celebrasse il rito tridentino (strordinario lo chiamano ora), prima mi facevo 250 km, poi in una decisamente più vicina ho scoperto delle cose poco edificanti, in seguito in una cappella dedicata alla Madonna nella bassa padana
dove un prete veniva cercato a Verona, per poi esserci riportato,il rito cessò
in quanto l'officiante fu spostato a Roma, finalmente ho trovato una chiesa sempre piena, non troppo lontana con un sacerdote degno di questo nome. Speriamo duri, in quanto il vicario del Vescovo locale, un massone efferato, gli dà parecchio filo da torcere.
Come vedi siamo quasi alle catacombe.
Comunque su internet trovi la lista delle S.Messe tridentine in tutt'Italia, regione per regione.
Prega la Madonna.
dove un prete veniva cercato a Verona, per poi esserci riportato,il rito cessò
in quanto l'officiante fu spostato a Roma
Mi permetta una curiosità: sta parlando della S. Messa officiata da don Vilmar presso il Santuario del Bigolio?
Giuliano
Cari saluti.
Luigi Copertino
A proposito, io lavoro ad Agrate Brianza ed ho un collega tedesco, Johannes, lui lavora il triplo di tutti, deve sempre controllare le cose, aiuta tutti e non va mai via prima delle 20.
Grazie Luigi
Ringrazionado Zampano e Ducadegliabruzz i, approfitto per un errata corrige del mio intervento di cui sopra.
Dove parlo di Bonifacio VIII il senso compiuto della frase è il seguente:
(il merito di Bonifacio VIII, che non era affatto il "papa cattivo" che detronizzò il "papa buono" secondo una vulgata alla quale persino Dante ha dato il suo contributo ma che oggi gli storici sanno benissimo essere solo appunto una vulgata senza seri fondamenti, è stato quello di aver evitato quanto dopo di lui sarebbe accaduto, ossia la deportazione del Papato in Francia)). Dunque quello di Celestino fu un atto d'amore alla Chiesa che impedì di anticipare di cinquant'anni la cattività avignonese".
Luigi Copertino
Dottor Cupertino, ricordi: "contra factum non valet ...CONTORCIMENTUM". Questo "papa" è totalmente indifendibile e lo è sempre stato. Come fa a non ricordare le sue "preghiere", senza le scarpe, nella moschea, senza contare tutte le altre PATENTI dimostrazioni di assoluta mancanza di fede?
Ma perdo solo il mio tempo a risponderle, lo so.
Vorrei solo avere io la forza della sua fede. Peccato che sia così mal riposta.
Il tuo problema, caro Sart, è di essere accecato dall'odio, come dimostra il linguaggio che usi ("impiegato della mafia ebraica"). E l'odio ha una sola origine che non è certo divina. Magari con un po' più di umiltà e di preghiera le cose ti sarebbero più comprensibili.
Saluti.
Luigi Copertino
Come si fa a non odiare lo scandalo?
Come si fa a non odiare atti che comportano il massacro di chissà quante anime?
Cosa avranno pensato i, PERSEGUITATISSI MI, cristiani turchi quando lo hanno visto fingere di pregare nella "moschea blu" (in realtà grigio fumo) di Istambul? Quella moschea si staglia di fronte alle mastodontiche rovine della chiesa di Santa Sofia, dove vennero massacrati migliaglia di cristiani.
Quell'uomo non ha MAI avuto la fede. Pio XII lo mise fra i sospetti di eresia quando era appena fresco di seminario.
Mi domando solo come una persona intelligente non riesca ad accettare ciò che è ovvio. Forse per amore. Questa è l'unica risposta sensata.
L'amore è il contrario dell'odio. Ma è sempre positivo in se?
Per amore si può credere a qualunque menzogna da parte della persona che ci tradisce. Questo è un fatto positivo?
Per amore si può perfino giustificare il comportamento più infame da parte di un padre. Ma, anche questo mi chiedo: è un fatto positivo? E' indice del fatto che si è dei buoni figli?
So bene che non si deve odiare il peccatore. Ma anche che si DEVE odiare il peccato e non giustificare il delitto, lo scandalo, l'ereseia e la complicità fattiva con lobby sataniche per amore del peccatore. E' un amore troppo mal riposto, troppo "disordinato", per usare una terminologia tecnica.
Non credo di dover rispondere ad eventuali tue repliche in questa sede. E, ti prego di credermi, io certo non odio te... Io ero come te
In Christo Rege
Scipione Antonio Rino Tagliferro
Poiché nel monoteismo Iddio è uno, in moschea ed in Chiesa la prima Persona nella Santissima Trinità è presente, scarpe o non scarpe.
Mi pare ovvio e necessario che venga scomunicato l'Usurpatore che si incorona da sé. Sarà applaudito invece. Comunque tranquilli! Cristo è davvero risorto e ci penserà Lui! D'altra parte che ci stava a fare Benedetto ormai? Come pastore era forse imitato nella distribuzione della Santa Comunione sulla lingua? Come re erano sue le nomine? Insegnava, e le sue catechesi sono state spesso disapprovate pur non essendo segrete, mentre quelle neocatecumenali rimaste segrete contro l'espressa volontà contraria del Papa, sono approvate. A questo punto il Re dice a Pietro: “basta!” e a Giuda alla presenza degli apostoli, che lì per lì non capiscono, ma capiranno: “ciò che devi fare fallo subito!”
Con ciò, sia chiaro, non ho nessun dubbio che la salita al Soglio implica la grazia di trascendere ed eventualmente risanare gli eventuali errori di gioventù.
Con affetto,
Paolo Monaco, Roma
.Beh...allora Vi amate?! Credo sia la cosa più bella, ritrovare qualcuno che si è "perso di vista", glie lo auguro di cuore Direttò!
Saluti
Grazie, Direttore, a Lei e alla Sua Sposa un affettuoso e rispettosissimo abbraccio.
P. Monaco
P. Monaco
Caro Direttore,la mia stima per lei aumenta continuamente. Grazie.
Boara vicino a Rovigo?
[...] Con Benedetto XVI per la prima volta l'uomo al vertice ha preso parte al dibattito, senza parlare dall'alto verso il basso, bensì introducendo quella collegialità per la quale si era battuto nel Concilio;
[...] per la prima volta un Papa visita una sinagoga tedesca (e successivamente più sinagoghe nel mondo di tutti i papi prima di lui messi assieme).
Per la prima volta un Papa visita il monastero di Martin Lutero, un atto storico senza eguali"
Altri articoli:
"Sarebbero piaciute a Carlo Maria Martini le dimissioni di Papa Ratzinger: vi avrebbe scorto quel segnale di novità rigenerativa della vita di certa Chiesa che il cardinale invocò lungo il suo ministero episcopale.[...] capacità di mutare in modo profondo la gestione del potere della Chiesa istituzione e organizzazione."
"Possiamo parlare di maggiore sintonia con la contemporaneità
[...]Si potrebbe parlare di una vittoria postuma della proposta del cardinal Martini: più collegialità, maggiore sinodalità, la fine della Chiesa tradizionalment e europa-centrica e ormai globalizzata."
"Un Papa 'dimissionabile' è più debole, esposto a pressioni che possono diventare schiaccianti
[...]Il massimo teorico dell'inattualità virtuosa' della Chiesa che si fa da parte perché ritiene di non avere più forza a sufficienza evoca un peso intollerabile e replicabile a comando da chi in futuro volesse destabilizzare un papato. Sembra quasi una bestemmia, ma la carica pontificale, con la sua aura di divinità, appare 'relativizzata' di colpo, ricondotta a una dimensione mondana"
il pastore valdese Ricca:
"Mi sembra sinceramente molto più degna di elogio e apprezzamento questa decisione di Benedetto XVI, compiuta in nome della comune 'umanità', che così ammette di non avere più le forze necessarie per il compito che svolge. Un gesto di responsabilità e umiltà. Senza presumere il possesso di forze sovrumane..."
Piena sintonia protestante ed ebraica.
Insomma siamo al punto in cui un Papa sarebbe eletto dallo Spirito Santo che però non sarebbe in grado di decidere quando farne eleggere un altro facendolo semplicemente morire.
O non si crede che sia Dio a farlo eleggere o non si crede neppure che la morte sia nelle mani di Dio.
E mandiamo pure a farsi friggere tutti i discorsi sulla grazia di stato, sulla croce che non è mai superiore alle forze etc
"In verità, in verità ti dico che quando eri giovane tu ti cingevi ed andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio tu stenderai le mani ed un altro ti cingerà, conducendoti là dove non vorresti."
Già, ma oggi ci vuole efficienza fisica, buona salute e giovinezza, mica santità.
Sarà da ridere quando un prete vorrà far rinsavire un marito che vuol divorziare o un padre che si dimetterà dall'educare i figli. Avranno meditato liberamente e in coscienza le loro decisioni, si capisce. La missione non c'è più, solo il proprio io sommamente libero.
Io non sono nessuno e non capisco niente ma a volte do ragione ai vecchi che dicono che troppo studio porta troppo lontano.
Immaginiamo che la situazione oggidì sia rovesciata e al posto della VI flotta degli Stati Uniti nel golfo Persico vi sia una immane flotta islamica con le armi più avanzate nel mare adriatico o nel mar Tirreno senza un misero peschereccio occidentale a contrastarla...
Sì lo studio porta lontano ma verso la migliore, e meno mitologica, comprensione delle cose. Mi pare comunque di aver detto, chiaramente, che Lepanto e Vienna sono state vittorie donate dalla Provvidenza. Ma dire questo non significa affatto dire anche che se i mussulmani avessero vinto sarebbero arrivati fino all'estremo occidente europeo. Ci sono documentati studi che hanno palesato come gli ottomani non avevano, al di là della propaganda, né la volontà né le forze tecniche ed economiche per conquistare tutta l'Europa. La loro tecnologia militare dipendeva dalle importazioni, anche di ingegneri, occidentali. Era, in particolare, il "cristianissimo" re di Francia a fare buoni affari con la Sublime Porta. La Francia era sempre pronta, pur di mettere in difficoltà l'imperatore di Vienna, a mercanteggiare con l'islam. Come d'altronde nella corte ottomana vi erano fazioni in contatto con potenze europee per ottenere appoggi nelle lotte intestine interne ad Istanbul. E' noto, d'altra parte, che mai i crociati (o meglio, per essere storicamente precisi, i "pellegrini armati") intrapresero il loro cammino penitenziale per convertire i mussulmani o per conquistare l'intero territorio islamico. Non né avevano né la volontà né la forza ed infatti si fermarono alla liberazione di Gerusalemme e territori circostanti. Quindi nessuno scontro di civiltà ma solo l'intenzione di restituire la Città Santa alla Cristianità, unita agli interessi commerciali veneziani, pisani e genovesi come anche al desiderio di molti "crociati" di emigrare, per rifarsi una vita, dall'Europa in crisi da crescita demografica, che li aveva emarginati, verso terre nelle quali, si favoleggiava, scorrevano "latte e miele". Anche la battaglia di Poitiers, un'altra sulla quale si è un po' troppo costruito un "mito", fu soltanto una scorribanda di qualche centinaio di predoni mussulmani, provenienti dalla Spagna, con la mera intenzione di saccheggiare il ricco santuario di Tours e poi tornarsene indietro. Carlo Martello giustamente li fermò ma è certo che, se non lo avesse fatto o se avesse perso la battaglia, quella banda di predoni mussulmani non sarebbe andata oltre il saccheggio cui mirava. L'invasione islamica della Spagna, del resto, fu causata dalla guerra civile, in quel momento, in atto nel regno visigoto. Gli islamici furono chiamati dall'Africa porprio da una delle fazioni visigote in lotta. Gli islamici, subito dopo la morte di Maometto, riuscirono nell'impresa di invadere tutto il nord Africa, dall'Egitto fino al Marocco, e gran parte dell'attuale Medio Oriente, solo perché venivano accolti trionfalmente dalla popolazione cristiana, appartenente ai vari riti orientali ma non bizantini, sulla quale Bisanzio, strumentalizzan do la fede, esercitava una vera e propria tirrannia, fiscalmente esosissima (Bisanzio aveva sempre costante bisogno di denaro per mantenere le truppe sui confini minacciati a nord come a sud, ad est come ad ovest). I cristiani orientali, oltretutto, all'inizio non percepivano la fede islamica come una fede non cristiana. Pensavano che quei rudi guerrieri provenienti dal deserto, e che li avevano liberati dall'oppressione bizantina, fossero gli esponenti militari di una qualche comunità cristiana più o meno eterodossa. Dal canto loro gli islamici, che non erano in quanto ad esosità da meno dei bizantini come ben presto compresero i cristiani orientali, non imponevano affatto la conversione all'islam delle popolazioni cristiane conquistate, per il semplice motivo che, secondo la loro legge, un cristiano convertito all'islam non era più sottoposto alle pesantissime tasse di protezione imposte ai dhimmi (ossia a cristiani ed ebrei). Questo, insieme alle debolezze teologiche di quelle comunità non pienamente in comunione con Roma, spiega anche perchè mai, nel giro di pochi decenni, terre cristiane di antica tradizione (l'Ippona di Sant'Agostino, ad esempio, era nell'attuale Tunisia, e l'Egitto era stata terra di insediamento apostolico sin dai primi secoli) diventarono ben presto islamiche, senza eccessive resistenze. Pur di non pagare le pesanti tasse di protezione, i cristiani passavano all'islam. Giusto per ricordare a tutti coloro che si scandalizzano dell'incoerenza dei cristiani di oggi e della Chiesa vaticanosecondi sta che, purtroppo, nel corso dei secoli gli esempi di santità, di coerenza e di coraggio, che pur non mancarono mai, non furono un fatto di massa (e forse proprio per questo laddove la santità e la coerenza si impose essa ha potuto meglio e di più risaltare ad onore della Chiesa). Ed allora - per tornare al punto iniziale - dove era, anche in passato, la compatta e monolitica Cristianità opposta all'altrettanto compatto e monolitico islam? Si trattava di guerre politiche più che di religione.
Saluti.
Luigi Copertino
E' con un senso di angoscia che scrivo questo pensiero, tuttavia, L'amore per la a Verità, la logica ed i frutti maturati parlano chiaro.
Una parte dei commenti che ho letto mi ha profondamente addolorato, un'altra parte mi ha confortato..., ma così vedo che la dispersione dei discepoli è ormai in atto, perfino in questo benemerito effedieffe, è l'ora delle tenebre. Unica soluzione non è in quale rito si celebra la Messa (in un rito come nell'altro c'è chi la celebra con vera fede e devozione e chi purtroppo la celebra in peccato e profanandola), ma correre come l'Apostolo Giovanni (non per caso era "il più piccolo") al Cenacolo, dove la Madre Addolorata lo fortificò nella Fede e nell'Amore suo, che è "più forte della morte". Se Maria non fosse stata sempre "colei che è beata perché ha creduto" (come le disse Elisabetta), se fosse minimamente venuta meno la sua Fede, avrebbe reso inutile il Sacrificio di suo Figlio!!! Se il peccato fu opera di Adamo e di Eva, la riparazione, la Redenzione doveva essere per giustizia fatta dal nuovo Adamo e la Nuova Eva. La sua presenza sul Calvario non fu "assistere" come spettatrice, ma fu in piena consapevolezza e in assoluta identificazione con la Volontà del Figlio e del Padre! Se fosse venuta meno la sua Fede, è certissimo che avrebbe impedito il compimento del Decreto divino. Senza di noi, Cristo si sarebbe comunque incarnato e ci avrebbe redento, ma non senza di Lei.
In ogni caso, signori, non parlerò più di cose di Chiesa. Devo confessarm,i anche per averlo fatto adesso, ppastor?
La Chiesa Cattolica si identifica nel papato e i fedeli nel papa vedono "il dolce Cristo in terra", anche se le persone che di volta in volta lo rappresentano non sono degne o sono deboli o anche vili. Il papa è il pastore, ma se questi si allontana o viene abbattuto, il gregge si disperde e
questo credo sia l'obiettivo da sempre sognato e perseguito dai massoni sia esterni che infiltrati nelle gerarchie ecclesiastiche: abbattere il papato, relativizzarlo, umanizzarlo, renderlo cioè, agli occhi dei fedeli, un'istituzione umana e non divina, premessa per poter proclamare che Nostro Signore Gesù Cristo è un uomo e solo un uomo.
Questo è forse il senso dell "profezia" contenuta nella famosa lettera di Albert Pike a Mazzini del 15 agosto 1871, dove dice:
"la moltitudine disingannata dal cristianesimo, i cui adoratori saranno da quel momento privi di orientamento alla ricerca di un ideale, senza più sapere ove dirigere l'adorazione, riceveranno la vera luce attraverso la manifestazione universale della pura dottrina di Lucifero rivelata finalmente alla vista del pubblico, manifestazione alla quale seguirà la distruzione della Cristianità e dell'ateismo conquistati e schiacciati allo stesso tempo!"
Questa "illuminazione" satanica e massonica la vediamo tutti i giorni all'opera con l'adesione sempre più convinta dei cattolici ai "valori" di questa modernità.
Una rivoluzione ,se e quando ci sarà, dovrà rimediare al misfatto. Lo studio della lingua latina, oltre a migliorare la capacità a ragionale,getta le basi per un acculturamento superiore.
".Mai come in questo momento abbiamo avuto tanti saerdoti così preparati e Santi,ma nessuno se ne accorge,di questi tempi per fare il sacerdote,bisog na essere o Santi o pazzi,non le pare?"
Ma dove vive lei?
Proprio ieri sera ho avuto un incontro con un sacerdote cui è stato chiesto di applicare il Motu Proprio Sommorum, e non le dico le scuse insulse usate per dire di no.
perché la scandalizza un papa che proclama una verità abissale e basilare della fede cristiana? Un papa che sostiene, scritturalmente , che «l’uomo è consapevole di non dover scontare pena alcuna per i propri peccati»?
L’unica pena che c’era da scontare l’ha scontata Cristo per tutti noi, per lei non è sufficiente? Per lei non basta pentirsi e credere che Gesù Cristo è morto sulla croce anche per i suoi peccati ed è risuscitato anche per la sua giustificazione ? Lei pretende di perfezionare l’opera di Gesù con dei suoi personali atti di autoredenzione? Dalle sue parole, «io che mi sento a malapena in una comunità di “peccatori perdonati”», traspare la sofferenza di chi non si sente realmente accolto da Cristo, di chi non ha accettato, per fede, il dono della Grazia. La Salvezza è un dono gratuito che l’uomo prende per fede dalle mani di Dio.
Nessuno viene salvato per avere fatto elemosine, penitenze, novene, visite agli ammalati, alle vedove e agli orfani, o per avere dato da mangiare ai bisognosi, appunto perché non é in virtù di opere buone che abbiamo ottenuto questa grande salvez¬za, ma soltanto per avere creduto nel Vangelo della grazia di Dio.
Legga gli Atti degli Apostoli. Paolo e Sila, quando il carceriere di Filippi chiese loro: “Signori, che debbo io fare per essere salvato?”, non gli dissero: «Fai delle opere buone e sarai salvato». No, gli risposero: “Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la casa tua”, perché sapevano che l’uomo viene salvato mediante la fede in Gesù e non mediante le opere buone.
E un papa che, dopo essersi liberato degli orpelli di una bimillenaria Tradizione umana inutile e incerta, annuncia, finalmente, una verità scritturale, la turba?
E poi: un papa che abbandona il soglio pontificio la disgusta? Un pontefice che, lei dichiara , «noi semplici ci si aggrappava: quello che dice lui sarà pur la verità».
Le chiedo: perché, se è Cristo la nostra Roccia, aggrapparsi ad un uomo che non può salvare? Per la Bibbia è “maledetto l'uomo che confida nell'uomo, che pone nella carne il suo sostegno”. Il papa non è depositario della verità, perché la Verità non è un concetto, una dottrina, un dogma: la Verità è una Persona. La verità non la si ha, non la si possiede: con la Verità si entra in relazione, nella Verità si dimora.
Lei, Direttore, e l’oblato benedettino, siete sconvolti delle dimissioni del papa soltanto perché contraddicono consuetudini secolari, quella millenaria tradizione che la chiesa cattolica ha preso e posto al di sopra del Vangelo, cosicché le persone non vedono più il Vangelo della grazia, che è la sola parola che le può salvare, ma solo le sovrastrutture legaliste e farisaiche che rinnegano apertamente e sfacciatamente il messaggio di Cristo. E quest’ultima è una colpa della chiesa cattolica molto più grave del presunto relativismo di Ratzinger.
Se il gesto di Benedetto XVI è l’incipit per un’autentica Riforma nella chiesa cattolica, per abbattere i muri di tenebra che la avvolgono, anche a costo dell’intera distruzione del Tempio, io dico: ben venga! Che questa chiesa passi attraverso il fuoco della purificazione e rimangano, come al tempo di Esdra e Neemia, solo pietre infuocate, con le quali il Signore edificherà un nuovo Tempio, a lui gradito!
anche io sono rimasto (come tutti) sorpreso da questo "gesto" del Santo Padre. Personalmente lo rispetto, anche se non lo condivido... a meno che ci sia dietro qualcos'altro che noi non vediamo. Quanto al Concilio, mi sembra abbia fatto un disastro... e la Pentecoste spero scenda al più presto, come promesso dalla Signora di tutti i popoli: www.de-vrouwe.info/
Grazie, saluti
La chiesa dopo Costantino si è convertita in una sorta di monarchia, regno non precisamente di Dio, sorto controcorrente dalle predizioni millenariste e dal fallimento delle stesse. Il monarca muore nel trono, morto il Re, via il Re, il successore.
Celestino V era italiano, ed una rinuncia assume connotati diversi a seconda di chi la interpreta: lui conosceva bene l'essenza mediterranea, il grado più alto del genio italico famoso al mondo, Ratzinger è tedesco e non riesce a sopportare il caos. Caos è intrigo, mistero dei sensi, piacere di vivere, arte di morire, il vizio ben portato è virtù, la corruzione soleggiata del Sud Europa ha schiacciato un Papa ordinato e proteso verso Dio, un intellettuale tedesco dai modi aristocratici, di zero carisma, zero simpatia e bonomia, zero patimento ed austerità da trasmettere, però la rinuncia rivela grandezza d'animo che non ha alcuna relazione con i tempi d'oggi, è l'eccezione tramutata in esempio ed il certificato mondiale valido per quella qualità di cui il direttore ha tanto scritto chiama Vergogna.
Forse la sua risoluzione è esempio di moralità e dignità indegna dei nostri tempi, però si deve volare senza che qualcuno venga a segarci il ramo.
Non lascia un incarico piccolo, un ministero, una disputa provinciale, abbandona milioni di cattolici nel mondo e la direzione di una complessa ed affiata burocrazia internazionale composta da miliardi di suore e sacerdoti. Credo che sia questo il modo di ricominciare quando la vita rende permanente un cambio, e non la speculazione del serpente che si annida in Vaticano.
La falsità del serpente obbligò il suo predecessore a rappresentare, come altri Papi nella storia, una sceneggiatura drammatica in pubblico al circo mondiale, uno spengersi senza risparmiarsi la vergogna di farsi vedere agonizzanti, squartati dalle telecamere, sopratutto da coloro che ancora, persa ogni dignità hanno in mano la padella dalla parte del manico.
Perdoni la battuta, ma "fumato pesante, vero?"
http://www.youtube.com/watch?v=cxo9C4PLRKE
Magari la nuova lobby omsessualista nella Chiesa,
spinge per avere un papa che approvi i prossimi matrimoni omosessuali...
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-nella-chiesa--in-atto-un-golpe-omosessualista-5590.htm
Questa lettera è stata scritta da S.E. Mons. Claudio Gatti al Papa per ordine del Signore, ma non è stata consegnata all'illustre destinatario. Invece è stata letta da sacerdoti, vescovi e cardinali che lavorano in Vaticano; molti di questi hanno formulato giudizi positivi e pronunciato parole di apprezzamento nei riguardi del Vescovo ordinato da Dio. Speriamo che qualcuno di questi ecclesiastici a cui non interessa la carriera e il potere, abbia la forza e il coraggio di informare il S. Padre dell'esistenza di questa lettera, il cui contenuto è molto importante per il presente, ma soprattutto per il futuro della Chiesa.
Beatissimo Padre,
certamente V.S. conosce il mio caso, perché ha avuto in esso un ruolo importante e decisivo quando era Prefetto della Sacra Congregazione della Fede.
Sono Claudio Gatti il Vescovo ordinato da Dio e mi rivolgo all’attuale Capo visibile della Chiesa, perché ascolti tutto ciò che nel passato non mi è stato permesso di esporre all’Autorità Ecclesiastica.
V.S. sa molto bene che sono stato ridotto allo stato laicale senza essere sottoposto a regolare processo. Il Card. Ruini si è limitato a comunicarmi che questa dolorosa decisione era stata firmata da Giovanni Paolo II, durante un’udienza concessa all’allora Prefetto dell’ex S. Ufficio.
Mi sembra impossibile, anzi assurdo che il Papa che ha il dovere di fare rispettare le leggi della Chiesa abbia firmato il documento della mia dimissione dallo stato clericale, senza aver prima espletato quanto stabilisce il C.I.C..
Inoltre mi sono chiesto molte volte perché non mi è stato riconosciuto il diritto di difendermi e non mi è stata mai comunicata la causa della mia condanna.
Nella decisione di ridurmi allo stato laicale sono coinvolti due Papi, ma probabilmente il suo predecessore e V.S. non siete stati bene informati da chi di dovere sul mio caso.
La Madonna ha rivelato che aver ridotto allo stato laicale il Vescovo ordinato da Dio è un grave errore che, se non verrà corretto, causerà nella Chiesa un grave scandalo.
Infatti il suo successore, del quale non solo io, ma anche altre persone conoscono per rivelazione soprannaturale l’identità e il nome, riconoscerà certamente quanto Dio ha operato nel luogo taumaturgico di via delle Benedettine e vi andrà a pregare, accompagnato dai responsabili della Curia Romana e del Vicariato.
Per evitare che V.S. e il suo successore prendano decisioni opposte e contrastanti che possono confondere i fedeli, la Madonna mi ha ordinato, in nome di Dio, di scongiurare V.S. di riconoscere che la mia ordinazione episcopale è di origine divina.
Posso dimostrare con prove inconfutabili che Dio mi ha ordinato Vescovo. Infatti come i miracoli raccontati nei Vangeli sono prove (segni) della divinità del Cristo, così i 150 miracoli eucaristici avvenuti con modalità diverse nella mia cappella e nella mia casa e che hanno coinvolto la mia modesta persona, sono prove (segni) che Dio mi ha ordinato Vescovo.
Il Signore ha affermato che la fuoruscita del Suo sangue dall’ostia che stringevo tra le mani dopo aver pronunciato la formula della consacrazione è il più grande miracolo eucaristico di tutta la Storia della Chiesa ed è il sigillo che attesta l’origine divina di tutti i precedenti miracoli eucaristici e della mia ordinazione episcopale. Questo miracolo eucaristico è avvenuto alla presenza di duecento persone che possono testimoniare di aver visto nell’ostia il sangue divino e sentito il suo profumo particolare.
Dio non compie miracoli nelle mani degli impostori.
Padre Santo, se prenderà la decisione di riconoscermi Vescovo ordinato da Dio, sarà seguito dalla maggioranza dei membri del Collegio Cardinalizio e del Collegio Episcopale e se invece non esaudirà la richiesta della Madonna, il Signore riserverà a Sé i modi e i tempi per intervenire in mia difesa e realizzerà la sua parola “gli ultimi saranno i primi”.
Spero che V.S. mi concederà l’onore e la gioia di incontrarla per risolvere il mio caso come Dio vuole.
Prostrato ai piedi di V.S., invoco su di me l’apostolica benedizione.
Roma, 14 settembre 2005
Esaltazione della Santa Croce
10° Anniversario del primo miracolo eucaristico
† Claudio Gatti
Vescovo ordinato da Dio
In ogni caso, signori, non parlerò più di cose di Chiesa.
Se gli articoli sono come il presente è un'ottima notizia.
Il calcio dell'asino del direttore al Santo Padre per il suo discorso ai sacerdoti della diocesi di Roma sul Concilio V. II è sostanzialmente miserabile.
Qunto alla fede Di Maria Santissima il direttore si legga "Maria nel mistero dell'alleanza" di Ignace De La Potterie (Dabar. Studi biblici e giudaistici).
Sursum corda caro direttore.
Ma ridimensionare costantemente il passato non è sempre accettabile. Ridurre anche Poitiers ad uno scontro con poche centinaia di predoni da parte della storiografia moderna sembra ridicolo. Poche centinaia di predoni, potremmo dire, sbarcarono ad Otranto ma a Poitiers pare fossero molti di più. Molto meglio guidati e organizzati. Tacciare il passato di millanteria dove fa comodo svaluta spesso gli storici moderni che si danno patente di seri e bamboleggiano chi al tempo che fu quei predoni li vide in faccia.
E ripeto: chi avrebbe impedito anche solo a 100000 turchi vittoriosi a Vienna di fare una capatina in Italia(le cifre dell' epoca, solo per gli effettivi, sono più alte e Lei lo sa)? E chi avrebbe impedito alla flotta turca una volta annientata quella cristiana a Lepanto di fare una scampagnata a Venezia o ad Ostia? Ci provarono (gli arabi) già intorno all' VIII-IX secolo mi pare e molto meno agguerriti e numerosi e arrivarono a pochi passi da Roma.
Di nuovo, e mi creda, senza ironia o sarcasmo, Grazie.
pienamente daccordo!!
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